Salve mamme,
mi vorrei scusare con tutte voi per la mia latitanza su questa pagina, ma la mia lunga assenza è giustificata da buone ragioni. Purtroppo un grosso sconvolgimento mi ha reso incapace di scrivere, di raccontare. Un dramma, immane, m’ha piegato rendendomi inabile.
Si chiama influenza, mie care, il nemico peggiore che ogni uomo si trova ad affrontare dal momento in cui diventa papà. Prima di essere padre un uomo non si ammala mai, può tranquillamente girare nudo nella tormenta Siberiana, senza subire alcuna conseguenza. Ma quando arrivano i figli, un uomo deve a fare i conti con l’influenza. I bambini te le passano tutte, le prendono a scuola, le incartano con cura, ci mettono un nastrino colorato, e te le regalano, coi loro migliori auguri.
Quel giorno l’uomo scopre il significato della parola tormento. L’influenza sta all’uomo come la Kriptonite sta a Superman. Un uomo può affrontare qualsiasi cosa, le torture di Torquemada, uno scontro a muso duro contro Attila il flagello di Dio, una partita invernale in pantaloni corti, e persino la vista di un suo simile con risvoltini e caviglia in bella vista. Un uomo può affrontare qualsiasi cosa, senza paura. Ma non l’influenza.
L’influenza va a pescare direttamente nel repertorio più nascosto dell’amigdala, portando a galla le peggiori paure che un uomo possa immaginare. Una donna non può capirlo, non è predisposta a comprendere il male che si insinua nelle giunture di un uomo quando la febbre raggiunge i 37 punto quattro. Una donna non può capirlo. Noi uomini ci guardiamo, complici, e scuotiamo la testa: ma che ne sapete voi donne di cosa significa la sofferenza vera, il dolore, l’impotenza, che ne sapete voi donne, di cosa prova un uomo mentre rantola sotto le coperte incapace anche di raggiungere un misero bicchiere d’acqua, unico sollievo in quel mare di dolore.
E voi donne? L’unica cosa che siete capaci di fare è ricorrere al nostro peggiore nemico, e sventolarcelo davanti agli occhi. “Caro, non scotti, perchè non ti provi la febbre?”.
Il termometro.
Il termometro è il peggior nemico dell’uomo. Il termometro è sicuramente un’invenzione femminile. Nessun uomo sarebbe stato in grado di concepire un tale concentrato di malvagità. Vi siete mai chieste perchè i bambini scappano di fronte al termometro? Perchè il termometro è il male! E’ il marchio della Bestia!
Ma nonostante tutto un uomo decide di affrontare quella gogna, tanto lo sa che se si prova la febbre in soli 12 secondi il termometro segnerà i quarantadue gradi, in corsa libera verso la fissione! Sto talmente male, che se la febbre continua ad alzarsi, sicuramente evaporo. “Quanto segna caro? Ce l’hai?”. E gia vi insinuate subdolamente con i dubbi. “Che significa, certo ce l’ho, sto morendo, fai te”. E guardi il quadrante del temometro, e incroci le dita, pregando San Camillo, il protettore dei malati. Trentasei e uno.
Trentasei e uno?
“Ma dai che non hai niente, non hai neppure la febbre”.
E qui comincia il calvario. Perchè se hai la febbre, sei giustificato, puoi restare a letto agonizzante, mentre schiumi dalla bocca, impossibilitato a fare qualsiasi cosa. Non ci si alza, non si sta dietro ai bambini, non si sparecchia, non si tolgono le mutande dal lampadario, si dorme coi calzini, si trascinano i piedi per il corridoio con vestaglia e sguardo moribondo.
E’ una pacchia la febbre! Magari salisse fino a 37 e quattro. Ma voglio esagerare, anche a 37 e cinque!
Il problema è quando la febbre non sale.
Che nessuno ti considera. Nessuno ti giustifica. Nessuno ti consola. Nessuno ti accudisce. Anzi, ti trattano pure di merda.
E allora chiami il dottore. “Chiama il dottore, così ti da qualcosa per riprenderti”, “Cara, chiama te, ti prego, non riesco a raggiungere il telefono, gli abissi del dolore mi separano da esso”. “Ma smettila, non hai neppure la febbre”, “Ma che significa se non ho la febbre, sto male! Se uno non ha la febbre non può stare male?”. Ma non attacca. Senza febbre non hai diritto a lamentarti. E allora si chiama il dottore.
“Dottore, sto male…”.
E lui ti risponde con una parola sola, lui, uomo di scienza, uomo come te, che comprende il tuo dolore. “E’ un virus”.
Un virus. Oggi è tutto un virus.
“Dottore il bambino vomita”. “E’ un virus! Diamogli il Tubolan, il Matolan, il Perepè, qualsiasi cosa, ma sto virus s’ha d’ammazza!”.
“Dottore il bambino piange”, “E’ Virus! Lo volete capire? E’ un Virus!”
“Dottore ho perso una mano giocando coi petardi!”, “E’ un dannato virus! Sempre lui!”
Tutto oggi è un virus. Non ti funziona il computer. Ho preso un virus. Trovi un numero sospetto nel cellulare di tuo marito? Un virus. Il bambino è stanco? Sta incubando un virus, in fondo non ha fatto niente tutta la settimana, a parte otto ore di scuola più due ore di sport, inglese, teatro, raccolta delle olive, spremitura dell’uva, pulizia delle strade con gli angeli del fango, e qualsiasi cosa pur di non farlo tornare a casa. E’ un virus.
Ma il virus l’ha inventato un uomo. Voi donne avete creato il termometro, il nostro più grande spauracchio. Ma noi vi abbiamo fregato, e vi abbiamo creato il virus!
“Caro mi vieni ad aiutare coi bambini? Sono stanca anche io, sono stata tutto il giorno a lavoro eh, non sono stata a casa come te!”
“Cara, ma sto male, ho freddo, mi scricchiolano le ossa. E poi vedo cose strane… la vedo solo io, o su quella sedia c’è Santa Teresa d’Avila che mi guarda?”
“Ma smettila, ma non hai neppure la febbre!”.
E qui scatta il piano X. Non ho la febbre?
No non ce l’ho.
“Ma ho il virus!!!”, e sono legittimato a soffrire come solo un uomo può soffrire, rantolando, strisciando i piedi, mugolando, ma soprattutto, libero di poterlo raccontare liberamente ogni 12 secondi.
“Cara non ce la faccio, ma poi mi fa male tutto qui, un dolore strano…”
“Si me l’hai detto… tipo centotrentadue volte. Nell’ultimo quarto d’ora”
“Sì, lo so, ma sto male. C’ho il virus”.
Ecco, ora siete a conoscenza del mio dramma. In questi mesi non ho potuto scrivere perchè ho avuto il virus, l’influenza senza febbre. Ma ora mi è passata, mi fa ancora un po male qui eh, un dolore strano, tipo nausea… non sarà che mi sta tornando il virus?
Autore del post: Jacopo Campidori. Papà, uomo, psicologo, protagonista della sezione “vita da papà” su questo blog 🙂
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