Il Parto, dalla parte del papà

Oggi parliamo di una tappa molto importante, un’esperienza unica per ogni donna:

IL PARTO.

Quante storie di parti abbiamo sentito! Ognuna di noi ne ha una diversa da raccontare. Il web è pieno di racconti di parto.
Ma i papà? Hanno anche loro il loro parto e in questo nuovo guestpost per Cose da mamme, Jacopo Campidori ci racconta con la solita ironia, il parto dal punto di vista del papà 😀

Pronti?? Via!


“Svegliati svegliati! Sta per nascere, lo sento muovere!”, “Cara dormi, hai partorito 3 mesi fa”, “Ah già, e allora cos’è che si muove?”, “È la pepata di cozze che ti sei fatta fuori ieri sera, dormi ora”.

Il Parto è come l’esame di quinta superiore, continua a farti visita negli anni, come un testimone di Geova che non si dimentica mai del tuo campanello.

Ma c’è un giorno in cui il Parto arriva davvero, e anche se ti sei preparato seguendo i corsi per mamme e papà, anche se ti sei imparato a memoria ogni libro che tua moglie ti ha costretto a leggere, quel giorno ti coglierà comunque alla sprovvista. E sarà terribile.

Arriverà un giorno in cui sei tranquillo nel tuo letto, mentre in un sogno sorseggi Brunello di Montalcino in compagnia di Charlize Theron, discutendo di economia e del senso della vita. A quel punto ti sentirai artigliare la spalla da tua moglie, gli occhi come caverne, il volto contratto da un rictus facciale, la schiuma alla bocca, che guardandoti come posseduta ti urlerà: “Eccole!”, e tu ti guarderai in giro, un po’ cercando Charlize, un po’ non capendo. “Eccole chi, cara?”, “Le contrazioni, sono cominciate le contrazioni!”.

A quel punto è il caos. Tu scendi dal letto in mutande e corri alla macchina, la metti in moto e parti come un pazzo verso l’ospedale. A metà strada ti ricordi di tua moglie, inverti la rotta e torni a prenderla. “Andiamo, donna, corri!”, ma lei è tranquilla che si mette lo smalto, ha studiato alla perfezione il manuale della giovane partoriente.

Si fa una doccia calda, si incipria il naso, degusta composta una tisana di Melissa mentre legge qualche brano d’amore di Hikmet, e come un Gary Oldman qualunque ti fa: “Adoro questi brevi momenti di quiete prima della tempesta. Mi riportano sempre a Beethoven. Riesci a sentirlo?”. Tu la guardi, e cominci ad aver paura, perchè Leon l’hai visto anche tu, e sai che tra poco scoppierà il finimondo. “Ti piace Beethoven?! Adesso te lo faccio sentire…”, e si alza, col sorriso dei pazzi inciso sul volto. “Cara tutto bene?”, e un brivido freddo ti sale lungo la spina dorsale.

E allora, cronometro alla mano, si cominciano a prendere i tempi, che per andare in ospedale le contrazioni devono avere il brio di Valentino Rossi. Ma l’ansia sale, hai finito le scorte di unghie, e non sta bene rosicchiare le gambe dei tavolini. “Eccola eccola! Hai preso il tempo? Quant’è passato dall’ultima?”, “Una settimana tredici ore e ventuno minuti, che facciamo, andiamo in ospedale?”, e si corre in macchina, “Ricordati la valigia! Hai messo il pigiama? E le ciabatte?”, “Ho messo tutto, anche il tablet”, “Ma che cazzo dici, vado a partorire mica in villeggiatura!”. E si corre per le strade, sperando che non nasca, che non te la senti di dover mettere in pratica i tuoi rudimenti di Grey’s Anatomy.

E arrivate in ospedale, “largo stiamo per partorire!”, che quando ti sta per nascere un figlio, il Parto  lo fai anche tu. E a quel punto comincia un tran tran che non scorderai mai per tutta la vita.

Il problema è che siamo figli di Hollywood, ci hanno cresciuti spacciandoci la poesia della nascita. La donna arriva con qualche dolore e un gran pancione, entrano in sala parto, si danno due spinte, ed eccoli lì, teneramente distesi, tutti e tre racchiusi in una nuvola paffuta di tenerezza. Parto riuscito. La donna ha anche trovato il tempo di piastrarsi i capelli e preparare un Gin Tonic al suo compagno.

Ma in mezzo cosa è successo? Cosa ci avete nascosto per tutta la vita? La realtà è che il Parto non ha niente di poetico, di dolce, di melodioso. Il Parto  è un esperienza terribile e traumatizzante.

Un uomo moderno non è preparato a tutto questo.

il parto firmaPin

La trasformazione della donna

Tu la conosci bene la tua compagna, un essere delicato sempre pronto a salvare un fiore o ad aiutare un orfanello. La ricordi al balcone, incoronata di raggi di sole, mentre annaffia le ortensie e canticchia “I sogni son desideri”.

Ma durante il Parto subisce una mutazione. E’ un escalation improvvisa, che non ti aspetti. Perchè altrimenti restavi in corsia a fumare con i barellieri, guardando fiorentina-milan, anche se a te del calcio non importa niente. Prima inizia a morderti una mano, poi le braccia, poi le spalle, e grida.
Tu provi a fare qualcosa, che di natura un uomo deve risolvere i problemi, altrimenti soffre e si sente inutile. “Cara ti prendo un bicchiere d’acqua?”, “Ma vai in culo, sporco negriero!”, e spinge fuori i denti, come Alien contro il tenente Ripley. I contenuti del linguaggio si fanno sempre più coloriti, fino a che comincia a roteare la testa, verde, gli occhi sbarrati, mentre intona “Six six six, the Number of the Beast!”.

La stanchezza

Tu ci provi in tutti i modi a darle forza, in fondo hai un trascorso come allenatore canottiere, e sai come incitare una squadra: “Dai spingi, rema, no che dico, spingi!”, e mentre urli spingi anche te, non si sa mai che serva a qualcosa. E cambiate posizione, la sorreggi a mezz’aria, vi girate di spalle, nella posa del Loto, in quella della Losanga. E ad un certo punto non ce la fai più, perchè sono 24 ore che non dormi, ma non puoi dire niente, perchè il Parto lo sta facendo lei, ed è sicuramente più stanca di te. E allora stai zitto, soffri stoicamente, nonostante il tuo collo sia diventato di pongo e la testa balli libera ad un ritmo che è solo tuo.

Le paranoie

Dopo sei ore che spingete ancora non è nato. E allora cominci a diventare paranoico. Le ostetriche si guardano, annuiscono in silenzio, comunicando coi loro poteri mentali. E tu le guardi, cerchi di decifrare quello che dicono. “Che cazzo sta succedendo? Ci sono dei problemi?”, e vorresti prenderle per il camice e sbatacchiarle in terra. Ma non puoi, perchè devi mostrarti tranquillo. E dentro hai l’inferno, perchè hai paura che sia successo qualcosa di brutto, ma devi sorridere, e come uno yogin fingi di elevarti allo stadio del Pranayama, anche se non sai neppure cosa sia.

La visita guidata

Poi le ostetriche hanno la bellissima idea di voler rendere partecipe l’uomo, a sottolineare che fino a quel momento si è girato i pollici. E allora lo accompagnano in una visita guidata della parti intime della sua compagna, “guardi che bello, si vedono i capelli”, e tu non capisci, vedi dei capelli, cose strane a cui non sai dare un significato, vorresti solo svenire, ma non sta bene, e allora, annuisci, prendendo appunti nel tuo Moleskine.

Poi alla fine nasce, e tutto svanisce.

L’adrenalina accumulata fino a quel momento si scarica, e tu resti nudo. Di fronte a quel miracolo. E a quel punto ti sciogli. E le lacrime cominciano a scorrere libere. “Ma è bellissima”, e in quel momento unico siete tre, in quella nuvola paffuta di rosea tenerezza. Che già hai dimenticato gli orrori del Parto, perchè quello che resta è solo quell’istante in cui finalmente vedi tua figlia, e sai che sta bene, e che finalmente sei papà. E ridi, e piangi, e ridi ancora, avvolto nella magia di quell’attimo infinito che vivrà per tutta la vita dentro di te.


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