Come parlare perchè i bambini ti ascoltino & Come ascoltare perché ti parlino

La scorsa settimana mi è arrivato da recensire un libro dal titolo molto interessante… “Come parlare perchè i bambini ti ascoltino & Come ascoltare perché ti parlino” di Faber-Mazlish.
Non vedevo l’ora di iniziarlo! Chissà quali segreti della comunicazione mi avrebbe svelato, chissà quanto problemi avrei imparato a risolvere nel modo giusto….
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Lo metto sul comodino e vado a fare delle cose. Dopo circa 5 minuti torno a prenderlo per iniziare a sfogliarlo e lo ritrovo…….così.

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Alyssa, che ultimamente ha il vizio di scarabocchiare su qualsiasi cosa non concessa, aveva colpito ancora.
A quel punto sono andata da mia figlia, ho preso il libro e gliel’ho dato in testa. Non ci crederete, ma per un’ora buona non ha combinato altri disastri!
Poi ha ripreso i sensi.

Naturalmente sto scherzando 😛 la piccola peste ne è uscita impunita come al solito.
Io però ho capito che era meglio iniziare al più presto la lettura!

Il primo capitolo si apre con la frase “prima di avere figli, ero una mamma fantastica” chissà in quante l’abbiamo pensato 🙂

Ma prima di iniziare  l’ho sfogliato velocemente e già lì mi sono resa conto che era molto diverso da libri di questo genere che ho letto fino ad ora.
Infatti si notano subito tabelle, campi da compilare e…….vignette!!

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E a differenza degli altri libri sulla crescita dei bambini che ho avuto modo di leggere in questi anni, questo nasce come un vero e proprio manuale. Quindi tra le pagine non troverete solo la teoria, ma soprattutto dei consigli pratici, giochi di ruolo ed esercizi da fare.
Inoltre sono riportate molti esempi ed esperienze reali.

Dopo aver letto la prefazione ammetto di aver avuto dei dubbi. Non ho mai creduto nei “manuali per genitori”, perché non penso che esistano dei metodi universali applicabili a tutti e che funzionano con tutti.
Ho sempre pensato che quello che bisogna fare è imparare a conoscere la psicologia del bambino, saper interpretare i suoi bisogni e richieste e poi, in base anche al nostro carattere, trovare un metodo personale che funzioni per noi.
Per questo motivo ho iniziato la lettura con un po’ di scetticismo….
E invece mi sono dovuta ricredere.

Perchè è vero che il manuale ci dà dei consigli pratici e “immediati”, ma è anche vero che sono tutte tecniche adattabili alle diverse realtà e ai diversi bambini e genitori.

E soprattutto partono da un presupposto fondamentale: imparare ad ascoltare.

Questo libro sembra essere arrivato nella mia vita esattamente nel momento giusto. Infatti è proprio da qualche giorno che mi sono resa conto di un mio limite: non so ascoltare e accogliere i problemi degli altri senza automaticamente partire con dei consigli che secondo me li risolverebbero. E questo non solo per quanto riguarda i bambini, ma in generale, anche con gli amici.
Se qualcuno mi confida un problema o si sfoga con me, a me viene naturale approfondire con domande, dopodiché passo a dare consigli. Ho sempre creduto fosse la cosa giusta da fare, che era questo ciò che si aspetta chi ti parla dei suoi problemi.

E invece nella maggior parte dei casi non è così. Soprattutto quando si tratta di bambini.
La prima parte del manuale è dedicata proprio a questo: entrare in empatia, ascoltare, capire, resistendo alla tentazione di giudicare e consigliare.
Facendo così è molto probabile che, sentendo riconosciuto quello che prova, il bambino troverà da solo una soluzione.

Esiste infatti una connessione diretta tra il modo in cui i bambini provano sentimenti e il modo in cui si comportano,
Quando i bambini <<sentono>> nel modo giusto, si comportano nel modo giusto.
E come possiamo aiutarli a sentire nel modo giusto? Accettando le loro emozioni!

A volte tendiamo addirittura a negare i sentimenti del bambino.
Tra gli esempi descritti ne ho trovato uno in cui mi sono riconosciuta, ve lo riporto

Bambino: Mamma sono stanco
Adulto: non puoi essere stanco, hai appena fatto il riposino
Bambino: (a voce più alta) Ma io sono stanco.
Adulto: Non sei stanco. Sei solo un po’ assonnato. Dai, vestiamoci.
Bambino: (frignando) No, sono stanco!

Facendo questo noi stiamo dicendo a nostro figli di non fidarsi delle sue emozioni, ma delle nostre!

Uno dei primi consigli pratici che ci vengono forniti è quello di dare un nome ai sentimenti.
Mi sono ritrovata davanti un esercizio in cui venivano descritte diverse scene, quello che bisognava fare era identificare con una parola ciò che il bambino potrebbe provare in quel momento, dopodiché formulare una frase che gli facesse capire che comprendiamo quel suo sentimento (senza dare consigli o fare domande)

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Ammetto che non è stato immediato per me dare un nome alle emozioni e questo mi ha fatto capire quanto difficile possa essere per un bambino.
Aiutarlo a dare un nome ai suoi sentimenti può fare davvero la differenza. Ed evitando di dare consigli non lo priviamo dell’esperienza di trovare da sè una soluzione.

Beh beh beh…. oggi ho avuto subito l’occasione di mettere in pratica quello che ho imparato.
Vi descrivo la scena:

Daniel sta giocando in modo violento con un gioco, lo sbatte lo lancia. Gli dico di fare piano ma mi ignora.
Dopo un po’ il gioco si rompe, Daniel viene da me e inizia a lamentarsi che il gioco è rotto.

Quello che avrei fatto normalmente (e come probabilmente si sarebbero svolte le cose):
Daniel: Mamma il mio gioco si è rotto!
Io: Beh è colpa tua! Sei tu che l’hai rotto. Te l’avevo detto di fare piano. Basta non ti comprerò più niente visto che tratti così le tue cose.
Daniel: nooooo lo aggiusti!! Me lo ricompri!!
Io: no! Non si può più aggiustare e non ti compro proprio niente.
Daniel: (piangendo) eddaiiii me lo ricompri ho detto! cattiva!
E poi sarebbe seguita una classica scena di rabbia, con urla, calci ecc…

Com’è andata realmente:
Daniel: mamma il mio gioco si è rotto!
Io: oh, mi sembri dispiaciuto. Ti piaceva tanto quel gioco.
Daniel: sì…io l’ho lanciato e ci sono salito sopra.
Io: volevi vedere cosa succedeva.
Daniel: stavo solo giocando
Io: adesso hai capito che giocando in questo modo il gioco si rompe
Daniel: eh sì, però non fa niente ci gioco lo stesso anche se è rotto!

E se n’è tornato a giocare felice….in modo molto più tranquillo, senza che io gli dicessi assolutamente niente!!
Il fatto di non sentirsi accusato (“è colpa tua, l’hai rotto tu”) non l’ha fatto mettere sulla difensiva, non è scattata la reazione di rabbia/”capriccio”, si è invece sentito capito (ho dato peso al suo sentimento di tristezza e non al “danno”) ed alla fine ha deciso da solo che era meglio giocare in modo più calmo. Inoltre sembrava non importargli nemmeno più del fatto che il giocattolo fosse rotto.

Magia? Non vedo l’ora si presenti di nuovo l’occasione per provare di nuovo questo metodo!
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Un altro metodo che mi ha colpito e che voglio provare a mettere in pratica per vedere se funziona è quello descritto in uno dei racconti riportati nel libro (le autrici prima di pubblicare questo libro hanno tenuti vari seminari e raccolto diverse esperienze con i genitori che vi partecipavano).

<<Tornando dalla riunione del gruppo di genitori ho trovato mio figlio di tre anni steso a terra, nel bel mezzo di una scenata.
Mio marito stava lì in piedi con un’espressione disgustata. Mi ha detto “ok specialista dei bambini, vediamo come te la cavi”.
Ho guardato Joshua, che continuava a scalciare e strillare, e ho preso una matita e dei fogli che stavano vicino al telefono.
Poi mi sono inginocchiata, ho dato a Joshua matita e carta e gli ho detto “Ecco qua, fammi vedere quanto sei arrabbiato. Disegnami come ti senti”.
Joshua è saltato sù immediatamente e ha cominciato a disegnare dei cerchi con gran rabbia,.
Ho risposto “Accidenti, sei molto arrabbiato!” e ho preso un altro foglio “Fammi vedere ancora”.
Si è messo a scarabocchiare furiosamente sulla pagina, e io gli ho ripetuto “Urca, così arrabbiato!”. Così lo abbiamo rifatto.
Quando gli ho passato un quarto foglio era palesemente più calmo. Lo ha osservato a lungo e ha detto: “Adesso ti faccio vedere quanto sono felice” e ha disegnato un cerchio con due occhi e una bocca sorridente.
in due minuti era passato dall’isteria al sorriso, semplicemente perché gli avevo permesso di mostrarmi quello che provava.

Questi sono soltanto alcuni esempi, ma gli argomenti toccati nel libro sono molti!

Conclusioni

Mi è piaciuto, mi ha insegnato cose che non sapevo. La lettura è scorrevole e stimolante (grazie anche ai vari esercizi e fumetti che accompagnano la teoria).
Se devo trovare un difetto: a volte si percepisce un po’ l’atmosfera “americana” nei racconti (anche perché i nomi dei protagonisti sono tutti anglofoni)… ma non ci vuole molto ad adattare quegli esempi ad occasioni più simili alla nostra quotidianità (il racconto sulla partita di baseball/football può diventare l’allenamento di calcio o nuoto).
E alcune vignette…le avrei disegnate più carine io 😛 ma questa è un’osservazione di parte ehehe!
Perciò mi prendo la responsabilità di consigliarvelo ^_^ e se lo prendete (per voi o per regalarlo) fatemi sapere con un commento cosa ne pensate!

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3 commenti

  1. Credo che comprerò questo libro.. 🙂

  2. Credo che comprerò questo libro.. 🙂

  3. Lo ordinato questa mattina..
    Sono una nanny che vive a londra.

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